Storia di una vecchia sedia.
Anche le sedie parlano. E raccontano di storie che son piccole e quotidiane, e di vissuti, e di gente d’altre case che attraverso quelle storie si fan grandi ed eroiche. Così anch’io, ne ho voluta una, affinchè ne avesse di racconti da narrarmi o di silenzi, da riempire con l’immaginazione.
E’ arrivata in una giornata di sole, nel bel mezzo di una mattina e di una ricetta. Ed è arrivata a me, nel trambusto della cucina, da mani sapienti. Mani che, a loro volta, racchiudono tra le pieghe racconti e vicende. Mani che sanno del tempo e del racconto e della memoria e nel corso di questi anni, l’han custodita con amorevolezza e cura, questa vecchia sedia. Lei che ha quasi cent’anni e proviene da un fienile costruito su una vecchia stalla, al latere di quella che era la parte nobile della casa di alcuni contadini emiliani. E se ne stava lì, accatastata e silente, con altri scranni della sua età, tra paglia e fieno e odor di legno. Era già vecchia e anche un po’ sgarrupata quando quelle mani l’han voluta acquistare al costo di diecimilalire: ben poco prezzo per avere in cambio una seduta e pezzo di tempo e un po’ di memoria. La memoria di gente di montagna, che durante i mesi invernali, bloccati nell’arte di tutti i giorni dalla neve, scendevano giù coi loro attrezzi e la bravura nelle mani e fare gli scrannari di pianura. E dal tronco verde di un albero, con pazienza e forza intagliavano sedie, cadegre, scranni appunto. Il tempo in cui, per necessità e virtù le cose belle si facevano in casa e poco importava se una gamba era più larga, o una più tozza, o gli schienali non tutti uguali. I segni della sua artigianalià, la mia vecchia sedia, li conserva tutti: con la sua struttura in olmo e la seduta in paglia, anche se non di Vienna, come l’avrebbero voluta quelle mani sapienti che tanti anni addietro l’hanno acquistata e poi restaurata. E penso, mentre mi racconta, a quanto doveva esser piaciuta a tutti i bambini che ci sono seduti sopra e coi loro zoccoli in legno, tra uno sgambettare e l’altro, hanno consumato e modellato il rinforzo orizzontale che si vede dabasso.
Così, su di lei ogni segno è una storia, ogni pezzo un pezzo di vita e da oggi è anche il racconto di una ricetta e del trambusto di una cucina.
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RECIPE
(dosi per circa 12 triangoli)
670 ml di latte intero
2 tuorli d’uovo
1 albume
170 g di zucchero semolato
80 g di farina 00
1 baccello di vaniglia
2 cucchiai di cannella in polvere
qualche scorza di mandarino
1 confezione di pasta fillo
75 g. di burro
zucchero a velo e cannella q.b.
Iniziate preparando la crema pasticcera aromatizzata. Versate il latte in un pentolino a fuoco bassissimo e fate intiepidire insieme ai semini di vagniglia che avrete ottenuto raschiando con un coltello l’interno della bacca. Appena tiepido, togliete dal fuoco e lasciate in infusione per qualche minuto. A parte montate i tuorli con lo zucchero e l’albume, fino a quando non avrete ottenuto un composto schiumoso e gonfio, a quel punto unite a filo il latte e riponete sul fuoco. Aggiungete la farina setacciata e le scorze di mandarino (precedentemente lavate e senza parte bianca). Fate andare a fuoco lento, girando in continuazione con un mestolo in legno, fino a quando la crema non si sarà addensata. Togliete dal fuoco, eliminate le bucce di mandarino e coprite a filo con la pellicola trasparente. Riponete in frigo per almeno un paio d’ore.
Quando la crema sarà pronta per essere utilizzata, fate sciogliere il burro senza bruciarlo e munitevi di pennello da cucina. Stendete la confezione di pasta fillo. Dovrebbero esserci circa 6 fogli che taglierete ciascuno a metà ricreando così, in tutto, 12 rettangoli. Prendete il primo rettangolo e spenellatelo bene con il burro. Versate un cucchiaio bello colmo di crema in basso a destra del vostro foglio di pasta fillo e ripiegate su se stesso la parte alta. Modellate con le mani la crema sotto la pasta fillo dandole la forma di un triangolo rettangolo e poi ripassate con il pennello e richiudete il lembo a destra. Continuate a richiudere a tringolo la pasta fillo su se stessa, avendo cura di spennellare di burro ogni parte su cui si richiude la pasta. Per aiutarvi guardate questo video qui. Procedete fino a esaurire la crema e la pasta fillo. Rivestite una leccarda con della carta forno e adagiatevi sopra i triangoli ottenuti. Fate cuocere a forno statico per circa 20 minuti a 140°. Tirate fuori quando vedrete la pasta fillo croccante e dorata. Ripulite i bordi aiutandovi con un coltello in caso fosse uscita della crema e servite caldi con una spolverata di zucchero a velo e cannella. Vanno mangiati subito o appena tiepidi.
[…] crema pasticcera aromatizzata alla cannella (trovate la mia ricetta qui) […]
CARA DEBORA (NON RIESCO A METTERE LE MAIUSCOLE, SCUSA) HA PROPRIO RAGIONE fRANCESCO: ANCHE UNA VECCHIA SEDIA CONTADINA DIVENTA PREZIOSA AGLI OCCHI DI CHI AMA GLI OGGETTI VERI NEI QUALI RIESCONO A VEDERE ANCHE LE STORIE DI CHI LI HA UUSATI E VISSUTI! quella SCRANNA NON SI SAREBBE MAI IMMAGINATA UN OMAGGIO COSì AFFETTUOSO! gRAZIE! e TI ASPETTIAMO CON LA TUA AMICA PER ACCOMPAGNARVI NEL NOSTRO “MUSEO CONTADINO”!!!! A PRESTO.
Cara Paola…siete voi che omaggio più grande non potevate farmelo. Non vedo l’ora dinriabbracciarvi e come sempre rimanere incantata dai vostri racconti. Un saluto speciale a Danilo.
amo la cucina greca e le vecchie storie e quel libro proprio su quella sedia…
E io amo te e le tue storie e la tua cucina. Quindi tu sai cosa devi fare!! Ti abbraccio bella mia
Un incanto, le foto e la luce, i triangoli… insomma un sogno tutto!
Lisa, cara mia…mi fa piacere che ti sia piaciuto quanto trovato al tuo passaggio. Ti ringrazio, sei dolcissima. Un abbraccio
Molti non amano i mobili antichi, io invece li adoro e a casa ne abbiamo parecchi. Li adoro sia perché sono in legno massello e lucidati a mano, mobili che, ormai non esistono più, ma li amo perché sono i mobili che i miei nonni comprarono per il loro matrimonio, anno 1898.
Eppure io, pur tenendoli cari, non sarei mai riuscito a descriverli come hai fatto tu con questa sedia meravigliosa.
L’hai descritta con lo stesso amore che ho per i miei mobili, ma con parole meravigliose e di grande competenza, lo stesso amore che poni per la preparazione delle tue squisitezze che ci offri. Grazie, Carissima Debora, per questo tuffo nel passato!!
caro Francesco…sai casa mia l’ho voluta tutta moderna e con pezzi di design, ma proprio il lavoro che faccio mi permette di apprezzare, ammirare e valorizzare tutto quello che è fatto artigianalmente o abbia un certo pregio, anche temporale. E poi a questa sedia sono legata affettivamente…
Grazie di esserci stato