Mi piace un posto se mi fido della sua luce.
F.C.
La fabbrica di San Pietro
Adesso il vecchio tavolino in legno sta fisso lì. La parete sul fondo è stata dipinta di scuro e la grande credenza bianca, un po’ scheggiata da un lato, si è finalmente riempita di tazze, bicchieri, piatti, taglieri e posate di ogni genere e sorta. Una finestrella orientata a Nord con le imposte bianche illumina tutto, sia di giorno che notte, visto che ho tolto gli scuri. E la luce arriva morbida, quasi sempre diffusa. Mi basta solo cucinare qualcosa e salire di sù.
Ci sono voluti ben due anni e mezzo per arrivare a tutto questo. Rispetto alla normalità delle cose, per noi “anormali” in cerca di un nuovo nido, riuscire a comprare, sistemare, traslocare in una casa nuova è stato come affrontare l’impresa della fabbrica di San Pietro. Ma alla fine eccoci qui. Eccomi qui. Nuovamente a casa, posso finalmente ritornare alle mie consuetudini quotidiane e allo studio di questa luce, di cui mi fido, di cui voglio conoscere ogni singola linea d’ombra.
Le cose strampalate
In questi lunghi mesi trascorsi così , un po’ lontana e molto terremotata, di cose strampalate ne sono accadute. Così tante che ho potuto farne un lungo elenco, ripromettendomi di trarne spunto per le cose da raccontare su queste pagine una volta che sarei tornata con calma a ricettare e fotografare.
Come quando qualche mese fa ricevetti una proposta di collaborazione per la sponsorizzazione di una colomba. A scrivermi era una persona cordiale, che mi mostrava il prodotto che avrei ricevuto in omaggio e mi elencava – anche lei presa dal mio stesso raptus – la lunga serie di prestazioni professionali che avrei dovuto svolgere per promuovere il loro prodotto. Ovviamente non si faceva alcuna menzione al compenso proposto per il lavoro svolto. Così quando timidamente e con garbo le risposi dovevo cordialmente declinare l’offerta, mi venne finalmente richiesta una quotazione economica per tutto quello che c’era da fare.
Ecco ora partiamo da questa considerazione: il lavoro da svolgere. C’è del lavoro e ce n’è tanto da fare. Sapevatelo. Dietro ogni singola foto, ogni singolo ingrediente, colore, luce, oggetto, immagine, video, ecc. c’è il lavoro di una persona. Forse non di un professionista affermato come lo sono altri, ma c’è del lavoro, quindi ecco perchè feci le mie opportune valutazioni in termini di tempo, materiali, impegno e creatività e inviai loro la mia offerta economica. La cosa strampalata che accadde fu in effetti la risposta seccata e supponente con lui la stessa persona cordiale di prima, in risposta al compenso richiesto, mi invio successivamente insultando e deprecando il mio operato, i miei contenuti e le mie richieste economiche sulle quali, lei, suggeriva di apportare una netta revisione in funzione del mio numero di followers.
Un omaggio sentito
Ecco a questa persona cordiale, oggi io rispondo con questo post e con questa ricetta. E questo post lo voglio dedicare invece all’azienda Benvolio 1938 che da tanto tempo ormai, senza mai nulla a pretendere, ma solo per propria scelta, con rispetto e gentilezza mi omaggia dei suoi prodotti, per farmi conoscere il proprio lavoro e la propria produzione artigianale. E siccome del lavoro c’è, ce lo siamo detti prima, personalmente il lavoro di queste persone lo voglio premiare, a modo mio e nelle mie possibilità e soprattutto ringraziare con un omaggio sentito.
Come ringrazio tutte quelle aziende e quei brand che ad oggi, nonostante i mie follower, la mia latitanza, le mie irragionevoli pretese di lavorare ed essere retribuita, continuano a chiedermi di collaborare con loro accordandosi in maniera seria e professionale su contenuti e compensi, su materiale da omaggiare, da sponsorizzare e promuovere e son tutti, credetemi, prodotti di eccellenza.
Eccomi qui. Sono tornata.
Nessuna azienda che abbia inviato prodotti in omaggio è stata maltrattata durante la scrittura di questo post.
RECIPE
dosi per uno stampo da 22 cm
2 uova medie
100 g di zucchero semolato
60 ml di olio di semi d’uva
100 ml di latte
150 g di farina 00
8 g di lievito istantaneo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
un pizzico di sale
150/200 g di confettura di cachi
In una ciotola capiente montate le uova con lo zucchero e il sale fino ad ottenere un composto chiaro, spumoso e gonfio. A questo punto unite l’estratto di vaniglia e poi la farina e il lievito per dolci opportunamente setacciati. Versate prima a filo il latte e poi l’olio di semi d’uva. Mescolate con un cucchiaio delicatamente senza smontare il composto, fino a quando non avrete ottenuto una crema densa e liscia. Imburrate e infarinate uno stampo da torta e dividete in due parti con peso uguale l’impasto. Versate la prima metà dello stampo e infornate a 180° nel forno preriscaldato in modalità statica per 20 minuti. Trascorso il tempo, tirate fuori e versate al centro della torta la confettura di cachi, avendo l’accortezza di lasciare liberi i bordi esterni della torta. Livellate la seconda parte di impasto aggiunta e rimettete in forno, sempre per altri 20 minuti in modalità statica a 180 °. Trascorso il tempo tirate fuori, fate raffreddare completamente, capovolgete su un piatto di portata e poi spolverate con abbondante zucchero a velo. Servite accompagnando o con gelato o con della frutta fresca.
Che amarezza! Ci sarebbe da fare una raccolta tragicomica di tutte le esperienze di questo tipo vissute da noi che lavoriamo in questo campo, mi sa che verrebbe fuori un’opera in 10 volumi😂😩Ma parliamo di cose belle: angolino delizioso, luce incantevole e tutto davvero delizioso! Un caro saluto 🙂
Cara Antonella, mi hai dato un’idea: potrebbe essere la volta buona per riuscire a far emergere certe dinamiche che trovo, veramente indecorose. Ma alla fine sai, dopo l’amarezza iniziale, perchè poi è questo che ti rimane in bocca, preferisco voltare pagina e dedicarmi a cose più amene e remuneranti, e non parlo del punto di vista economico ;-))
Mi ha fatto piacere che tu sia passata di qui e ti ringrazio di cuore per i complimenti. Un abbraccio