Napul’é …
E’ tardi. Tardissimo. L’ora di pranzo è passata da un pezzo ed io ancora non mi destreggio girando a vuoto con l’auto in cerca di parcheggio in questo popoloso e affollato quartiere di Roma. Sono in terribile ritardo, continuo a ripetermelo, mentre con la mente passo in rassegna l’intera mattinata, trascorsa e non ancora finita tra le follie di certi cliente e il traffico congestionato. E’ tardi e mi mancano ancora due appuntamenti.
E’ troppo tardi. Vorrei rincasare, ma ho ancora due incontri da rispettare. Per farmi forza, tra lo stomaco che brontola e le gambe che ormai trascino come due pesanti macigni, cerco di riassaporare le immagini del weekend appena trascorso ad Assisi. Faccio uno sforzo grande per cercare di rivedere le sue strade solitarie e silenziose, le sue pietre antiche e i pochi viandanti che, a dispetto di qui, passeggiano con calma tra una chiesa e l’altra. Ma il ricordo più imperioso delle ore passate incolonnata sulla tangenziale si fa strada con prepotenza anche se adesso, finalmente, riesco a fermare l’auto. Così scendo: trafelata e arrabbiata: questo dicembre non me lo sto godendo, troppo lavoro, troppa stanchezza, troppe giornate storte. Intanto alla radio, mentre spengo il motore, passano una canzone di Pino Daniele.