E tornare bambina è stato un attimo. Così come riassaporare la consistenza e il profumo di quel dolce e rivivere in un solo morso ogni attimo in cui quei biscotti alle mandorle, i biscotti della mia nonna, sono stati protagonisti di tante merende speciali. Loro: biscotti e crema pasticcera.
Ci bastava seguire con lo sguardo i suoi movimenti, per capire cosa ci sarebbe toccato in sorte e quando la vedevamo stendere il tovagliolo e apparecchiare i cucchiaini, s’interrompeva ogni altra nostra impresa. In quattro correvamo a sederci attorno al tavolo e non c’erano discussioni o litigi: ognuno al suo posto, in trepidante attesa, sapevamo che era domenica e la merenda sarebbe stata diversa e speciale.
Mia mamma non si sbagliava: se c’era una cosa che ci avrebbe messo tutti d’accordo era la sua crema pasticcera servita ancora tiepida e con qualche buccia, accompagnata da quei biscotti alle mandorle a cui non aveva mai assegnato un nome specifico, rimasti quindi per noi i biscotti di nonna. Quei biscotti così strettamente legati alla crema per via degli albumi avanzati e per via della domenica, che come giorno speciale portava con sé speciale merenda.
La vita sapeva essere così felice in quell’oro fatto di crema e in quei biscotti, senza nome, se non quello di colei che li aveva appena sfornati. La vita sapeva di buono. La vita sapeva.
RECIPE
Per la crema pasticcera
350 ml di latte intero
1 limone biologico
1 baccello di vaniglia
3 uova (soltanto i tuorli)
100 g di zucchero semolato
1 cucchiaio di amido di mais
1 cucchiaio raso di farina 00
Per i biscotti alle mandorle
3 uova (solo gli albumi)
100 g di farina 00
100 g di mandorle
120 g di zucchero di canna
1/2 bicchierino di liquore all’anice
1 pizzico di sale
Iniziate preparando i biscotti. Separate i tuorli dagli albumi e tenete da parte i primi per la crema pasticcera (va benissimo in frigo). Montate gli albumi con lo zucchero fino a quando non avrete ottenuto una meringa densa e lucida. Unite quindi a poco a poco la farina, mescolandola lentamente con un cucchiaio di legno facendo attenzione a non sgonfiare il composto. Unite poi il liquore all’anice e le mandorle con la pellicina. Amalgamate bene, poi prendete uno stampo da plume cake delle dimensioni di 20 x 10 cm e foderatelo di carta forno. Versatevi all’interno il composto di albumi e mandorle e infornate in forno statico preriscaldato a 180°. Lasciate cuocere fino a quando la superficie non sarà dorata e l’interno asciutto (va benissimo la prova dello stuzzicadenti). Quindi togliete dal forno e fate raffreddare completamente. Sformate e con l’aiuto di un coltello affilato tagliate in fette sottili dello spessore di circa 2/3 mm. Rivestite la placca da forno con la carta e disponetevi tutti i biscotti. Cuocete ancora per una decina di minuti fino a quando ciascuna fetta non sarà croccante e biscottata. Quindi tenete da parte.
Preparate ora la crema pasticcera. Scaldate il latte insieme alle bucce del limone e ai semi del baccello di vaniglia. Portatelo dolcemente al bollore. In una terrina montate con le fruste a mano i tuorli con lo zucchero, poi piano piano incorporate anche l’amido e la farina. Mescolate bene fino ad ottenere un composto spumoso e liscio. Togliete il latte dal fuoco e filtratelo sul composto d’uova, poi mescolate e riponete tutto sul fuoco. Sempre girando con le fruste, lasciate cuocere fino al completo addensarsi della crema. Togliete dal fuoco, versate in una ciotola pulita e coprite con la pellicola. Fate raffreddare o quanto meno intiepidire, poi distribuite nelle ciotole da portata e accompagnate con i biscotti alle mandorle.
I biscotti vanno benissimo anche mangiati da soli o nel te.
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[…] una penna in mano e ad arrostire ogni vegetale mi passasse sotto mano. Giorni in cui le merende con biscotti e crema pasticcera hanno infarinato tutta la mia cucina e infervorato certe relazioni. E ci sono […]
[…] morso, che ricorda la consistenza di un croissant ma nella sua essenza racchiude la dolcezza della crema e la freschezza di una fetta di mela. Il mio punto fermo l’ho trovato in collaborazioni come […]
Le tue ultime righe mi hanno commossa. La vita sapeva, che bella espressione, la porterò via con me anche al bistrot. Mia nonna (quella calabrese) da cui passavo tutte le estati al mare, era invece più tipa da salato che da dolce. Ricordo benissimo che iniziava a cucinare prestissimo alla mattina, con l’aria fresca in cucina. Cucinava per ore, prendendo gli ultimi ingredienti freschi direttamente dalla finestra dal camioncino ambulante di frutta e verdura che passava tutti i giorni.Io ero l’addetta all’assaggio, in realtà so che lei già sapesse che tutto quello che cucinava era buonissimo, ma credo che la mia espressione all’assaggio del sugo dal cucchiaio di legno o di una frittella di alici neonate appena fritta la rendesse felice.
Grazie per questo racconto e per le foto stupende!
Un abbraccio!
L.
Ogni pezzo di noi legato ad una nonna porta con se qualcosa si unico. Quando racconto della mia infanzia faccio fatica ad aprirmi ma poi quando leggo dei vostri ricordi, quando mi commuovo con queste condivisioni capisco che invece ho fatto bene: che tutto quel buono va condiviso e soprattutto tramandato. Solo così potremo crearne di altro.
Chissà che nonne saremo? Voi, tu e Sara sicuramente fighissime e che bello da nipoti sarà poter sfogliare il vostro blog…un abbraccio virtuale ma strettissimo.