Rituale ligure della focaccia genovese: si prepara la sera per la colazione del giorno dopo.
Continuiamo a convivere con questa inconsueta dilatazione del tempo e degli spazi. Tutto è sospeso, ovattato, come se mi fossi improvvisamente ritrovata all’interno di una bolla di sapone che si ostina a non voler scoppiare mentre rimbalza lenta e senza meta tra le pareti di casa. Non mi mancano i viaggi, o le cene fuori, o la libertà negli spostamenti, nè scelta di un cinema, di una giornata all’aperto: per indole sono sempre stata una gran pantofolaia e spesso a certe sortite ho preferito il comfort domestico. Mi mancano però le mie abitudini, quelle consuetudini fisse e certe con cui scandivo il tempo, le giornate, perfino l’andamento delle stagioni.
Ecco questo mi manca più di ogni altra cosa. Ritornare al ritmo sicuro e cadenzato della mia precedente quotidianità.
Che a dirla tutta era una gran frenesia e un gran movimento, questo è vero. E spesso, a voler essere del tutto sinceri, sembrava di stare su una giostra mandata a doppia velocità, dalla quale per poter scendere toccava fare svariate capriole acrobatiche. Ma a sera era stranamente bello ritrovarsi stanchi e spossati sul divano. E quella quiete immobile e serale aveva un suo perché. Ora la quiete c’è sempre. Anche al mattino e durante il pranzo, nel pomeriggio e alla sera. Ed io per questo in essa mi perdo. Non so riconoscermi.
Dicono che il valore delle cose sia pienamente comprensibile unicamente nel loro esatto contrario. Credo che mai intuizione possa ritenersi più vera. Per questo ho deciso di ribaltare il mio stato di quarantena e dedicarmi con tenacia ad inventare rituali e abitudini, spesso puramente oziose, che possano essere per me la bussola in questo mare di immobilismo e fissità. Così, pur nella quiete, riesco a trovare alcuni punti fermi.
Il primo e importantissimo doveva essere quello di evitare che l’ozio e la quiete stessa mi conducessero all’abitudine del cibo. Per lo meno non in misura superiore o esasperata rispetto ai precedenti usi e costumi domestici. Così le domeniche sono rimaste quelle del dolcetto extra o della pasta al forno mentre il resto della settimana procede a sentimento, come sempre. Ad aiutarmi in questo proposito, non facile lo confesso, è arrivata la consuetudine dello yoga e delle sue posizioni: la montagna, il cane a faccia in giù, il cobra, la farfalla e perfino il guerriero. Venti o trenta minuti buoni al giorno in cui pur dedicandomi all’esercizio fisico mi è consuetudine agognare una fetta di torta al cioccolato: un’abitudine nell’abitudine insomma. E mentre c’è chi con ammirevole perseveranza porta avanti la routine del rossetto in quarantena, la sottoscritta s’accontenta di perseguire quella del pigiama free per limitare se stessa e l’indumento in questione dallo smodato desiderio di starsene insieme tutto il giorno. É concesso quindi di restare in pigiama solo la sera dopo le venti e non oltre le dieci del mattino, fuori da questi orari potrebbe servire l’autocertificazione.
A riempire la vastità delle giornate è arrivato pure il rituale dell’angolo nascosto. Una ricerca attenta e minuziosa degli angoli di casa che ancora non siano stati ripuliti e riordinati da cima a fondo. Abitudine quest’ultima che agli inizi di questa quarantena ha portato a non poco scompiglio: gli oggetti di uso comune una volta riordinati non si trovavano più e certi ambienti di casa, non somigliavano per nulla a se stessi. Poi poco a poco mi è sembrato anche di avere più spazio a disposizione, ma nulla più da riordinare. E non è certo mancato in questa casa l’appuntamento giornaliero con le video lezioni scolastiche. Ma in effetti questi sono gli unici momenti della giornata in cui non provo per nulla nostalgia della forsennata giostra a cui ero abituata prima.
Insomma, poco alla volta, un quieto ritmo finalmente scandisce anche queste giornate di isolamento. E come spesso accade, che certe scelte portino a qualcos’altro di inaspettato e inatteso, è capitato che durante uno di questi miei momenti dedicati al riordino di idee ed oggetti mi ritrovassi tra le mani gli appunti di una vecchia ricetta e d’un certo rituale ligure. Così da un po’ di tempo a questa parte, in casa nostra, qualsiasi giorno della settimana sia, esiste un’altra deroga all’abitudine del cibo: una soffice, morbida e un pizzico oliata, focaccia genovese, si prepara alla sera per la colazione del giorno dopo.
La ricetta per la focaccia genovese è pressoché unica, con piccolissime varianti come la mia, ma voglio consigliarvi anche due libri che vi porteranno ad un risultato garantito:
FACCIAMO COLAZIONE, di Barbara Toselli, edito da Gribaudo
LA CENA PERFETTA, di Angela Frenda, edito da Solferino
RECIPE
dosi per una teglia rettangolare 30×40 cm
330 g di farina 0
170 g di farina 00
1/2 panetto di lievito di birra fresco (circa 13 g)
290 ml di acqua
10 g di sale
25 ml di olio extra vergine d’oliva
1 cucchiaino di zucchero
per il dressing
60 ml di olio extra vergine d’oliva
40 ml d’acqua
8 g di sale
un rametto di rosmarino
sale in fiocchi
Cominciate setacciando insieme le due farine (potete pure utilizzare anche solo 450 g di farina 0), unite lo zucchero, il sale e aggiungete a filo l’acqua leggermente intiepidita in cui avrete sciolto il lievito fresco. Unite anche l’olio e con l’aiuto di una paletta di legno, mescolate bene gli ingredienti tra loro. Dovrete semplicemente amalgamarli tra loro lasciando l’impasto morbido e leggermente appiccicoso. Ungete una ciotola con dell’olio e versateci dentro l’impasto, coprite con un panno pulito e lasciate riposare per 30 minuti. Prendete la teglia da forno, rivestitela di carta forno e spennellatela con un filo d’olio. Trasferite al centro l’impasto e lasciate riposare coperta per altri 30 minuti.
Nel frattempo prendete un barattolo che si chiuda bene, versateci all’interno gli ingredienti per il dressing e agitateli bene in modo da averli ben amalgamati. Tenete da parte in modo tale che il rosmarino abbia il tempo di aromatizzare l’olio. Trascorso il tempo, con le mani leggermente unte, distribuite l’impasto su tutta la teglia procedendo delicatamente dal centro verso l’esterno. Abbiate cura di distribuire l’impasto in maniera uniforme in modo da avere uno spessore uguale. A questo punto fatelo riposare per altri 30 minuti in un luogo caldo, come il forno spento ma con la lucina accesa.
Praticate quindi degli incavi lungo tutta la focaccia e distribuitevi ben bene all’interno il dressing aromatizzato che avevate preparato. Coprite e lasciate riposare per un’ultima mezzora. Accendete il forno in modalità ventilata a 220°, quando la focaccia sarà pronta infornate e lasciate cuocere fino a doratura. Togliete dal forno e decorate con foglie di rosmarino fresco. Questa focaccia è buonissima calda, ma ancor più buona è degustata a colazione insieme al cappuccino.