TIRAMISÚ ALLE FRAGOLE E CIAMBELLINE SENZA GLUTINE

Una fotografia non è né catturata né presa con la forza. Essa si offre. È la foto che ti cattura.

(Henri Cartier-Bresson)

Luce di una cucina.

Nella mia vecchia casa avevo una bella cucina. Avevo scelto un marchio prestigioso per arredarla anche se a tutti gli effetti era un ambiente piccolo con una sola parete utilizzabile. La consideravo una bella cucina perchè aveva una grande porta finestra che, a dire il vero affacciava sul vuoto,  ma la illuminava tutta con una calda luce da Sud. Col tempo però si era riempita di oggetti e cianfrusaglie a discapito di spazio e mobilità, tanto che ormai cucinare o fotografare era diventata una corsa ad ostacoli. Il mio peggior bonus scomodità. Ma la luce che aveva, sia col sole, che con la pioggia, la porto ancora nel cuore ed è lì, in quell’ambiente che ho scattato le mie vecchie foto migliori.

Quando abbiamo scelto di cambiare casa, ci siamo imposti di rimanere nello stesso quartiere anche per una questione di luce. Non volevamo perderci una sola ombra della luce che c’è in questa zona, da questa parte della città, a questa latitudine. Così alla fine ci siamo spostati di poche centianai di metri, semplicemente allargando gli spazi a nostra disposizione.

Quella certa autenticità

Dove vivo ora, a cinquecento metri in linea d’aria dalla mia vecchia abitazione, tutto è improvvisamente più grande. Più grande la sala, gli spazi esterni, più grandi le camere. Più grande e comoda la cucina. Sono così piacevolmente sorpresa e soprafatta dalla gioia di tutto questo, che spesso mi aggiro tra queste nuove mura toccandole incredula. Così grata che neanche la fatica di gestire spazi così ampi riesce a spaventarmi. E la luce qui è la stessa. Mi piace così tanto che non provo neanche vergogna a fotografarla. A fotografare casa mia.

Di questo ne giova quella certa autenticità che da un po’ di mesi a questa parte potete riscontrare nelle mie foto. Ogni angolo, ogni scorcio, ogni stralcio di casa è così com’è, come lo vedete o come lo vedreste se foste qui accanto a me. Perchè adesso mi è possibile ritrarre con più facilità e comodità ogni pezzetto di vita vissuta, ogni storia o racconto che cammina a braccetto con le mie ricette. Quello che accadeva nella mia andata abitazione non era tanto distante da questa sincerità, ma spesso per esigenze di spazio e dinamiche familiari, certi momenti andavano ricostruiti, venivano ricomposti. O spesso addirittura ricalcavano quel sogno, che proprio ora, tra queste pareti sento di aver realizzato.

Fotografare

Cos’è quindi per me fotografare? La risposta sta in entrambe le definizioni. Riprodurre con la fotografia. E questo è quello che avveniva a casa vecchia, tra le sue mura domestiche. Dove ogni immagine era una riproduzione, una rappresentazione del vissuto, di una ricetta, della sua preparazione e presentazione. Oppure Ritrarre, descrivere, rappresentare fedelmente. Quello che accade invece qui a casa nuova, dove ogni cosa è così perfettamente al suo posto, da non aver bisogno di null’altro, se non di una buona luce e qualche preparazione da raccontare. A me vanno bene entrambi gli approcci, perchè se c’è una cosa che non è cambiata tra lì e qui è la piena coscienza che la fotografia sia comunque un moto artistico. L’esternazione digitale di parte della nostra creatività e parte del nostro bagaglio culturale, sia quando riproduce fedelmente, sia quando reinventa e reinterpreta.  E chi giudica e pregiudica un modo o l’altro, in realtà fa un torto a se stesso, togliendosi l’opportunità di vedere le cose con occhi diversi e sinceri ogni volta e di scoprire che nella maggiorparte dei casi, autenticità e immaginazione sono sempre le stesse compagne di banco.

Note dell’autore

Le foto in testa e calce di questo racconto, ritraggono un pezzetto di casa nuova: la finestra sul lavello della cucina, l’unica orchidea che sopravvive al mio pessimo pollice verde grazie alla luce, i fiori dell’albicocco che distribuisco qua e là in vasetti sparsi e un dolcetto sfizioso e veloce preparato la scorsa domenica per i miei ospiti. Un tiramisù realizzato con ciambelline senza glutine Céréal e fragole fresche. Rigorosamente mangiato dopo qualche foto.

RECIPE

dosi per 4 tiramisù monoporzioni

4 ciambelline senza glutine Céréal

10 fragole

250 g di mascarpone

60 g di zucchero di canna + 3 cucchiai colmi

15 g di acqua a temperatura ambiente

30 g di tuorli (circa 2 uova)

Lavate le fragole, eliminate il cespo verde e tagliatele a cubetti piccolissimi. Mettele all’interno di una ciotola con i 3 cucchiai di zucchero, mescolate e lasciate da parte a macerare per il resto del tempo. Prendete le ciambelle senza glutine, tagliatele a metà, lasciate da parte la porzione con la cupola, prendete la metà del fondo e tagliatela a cubetti piccolissimi. Tenete da parte. Sciogliete lo zucchero nell’acqua. Ponete sul fuoco e fate scaldare per 2 minuti fino a quando non avrete ottenuto uno sciroppo liquido e ambrato, senza caramellare lo zucchero. Dividete i tuorli dagli albumi. Unite ai  tuorli lo sciroppo bollente e con l’aiuto di una frusta elettrica, montate le uova fino a quando non avrenno triplicato il loro volume e saranno diventate, chiare, spumose e fredde. A questo punto unite poco alla volta il mascarpone e continuate a montare fino a quando non avrete ottenuto una crema densa e voluminosa.

Riprendete le fragole, separate il succo di macerazione dai pezzetti di fragola. Se necessario potete aggiungere un po’ di sciroppo pronto alle fragole. Prendete una coppa in vetro, adagiate sul fondo i cubetti di ciambella e irrorateli con parte del succo di macerazione delle fragole. Quindi distribuite la crema al mascarpone, ponete al centro la metà della ciambella con la cupola. Irrorate con altro sciroppo e riempite il centro con i pezzetti di fragola freschi. Continuate fino a realizzare 4 coppette e terminare gli ingredienti. Servite subito o riponete in frigo fino al momento di servire.

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